La Bce nelle ultime riflessioni che hanno riguardato il suo operato ed i suoi potenziali interventi al fine di migliorare una situazione economica non proprio rosea (per utilizzare un eufemismo) abbiamo sostenuto, neanche troppo velatamente (anche qui utilizziamo la figura retorica appena vista), che tagli di tassi senza un’implementazione di un Quantitative Easing non sarebbero probabilmente stati sufficienti a cambiare granché. Di fronte infatti ad un’inflazione in calo (leggasi disinflazione) ed a una situazione del mercato del lavoro come quella attuale, ridurre i tassi di riferimento, fossero anche quelli sui depositi, avrebbe potuto non portare ad effetti concreti in grado di spostare l’equilibrio economico. Ieri, la sorpresa.
> La Bce pensa a tassi ancora bassi
Non ci speravamo e non ci credevamo quando l’abbiamo sentito, ma Mario Draghi ha parlato di Quantitative Easing, evidenziando come questa soluzione straordinaria è stata presa seriamente in considerazione del consiglio direttivo che la va ad includere ufficialmente all’interno di quelle potenziali mosse non convenzionali che spiega Matteo Paganini di Daily Fx si potrebbero mettere in atto una volta che le misure convenzionali fossero esaurite, cosa non ancora avvenuta e che significa che potremmo assistere ad un taglio del tasso di rifinanziamento principale (a questo punto consiglieremmo un corridoio stile Usa tra 0% e 0.25% e non un taglio di 10 o 15 punti base) e ad un taglio sui tassi di deposito. Un quantitative easing che sarebbe diverso da quello americano (e che se dovesse essere il caso andrà valutato molto bene nelle sue modalità di esecuzione) a causa del fatto che si dovrebbe passare completamente dal mondo bancario anziché avere effetti diretti sui mercati finanziari e sui prezzi delle diverse asset class