Nessun accodo tra i leader riuniti a Bruxelles per l’approvazione del bilancio UE per i prossimi anni. Le posizioni dei paesi sono ancora troppo distanti e la questione dei veti incrociati, lanciata dal premier Cameron, rischia di creare ancora maggiore contrasto tra i paesi.
La bozza del bilancio del presidente UE Van Rompuy non ha cambiato molto quello che era stato già preventivato e la proposta non ha accontentato nessuno.
Il bilancio UE per il 2014/2020 prevede un tetto di spesa massimo di 973 mld (1,01% del pil Ue), un aumento a 8 mld alla politica agricola e di 10,6 mld alla politica di coesione per le regioni più svantaggiate. 20,3 mld sarebbero stanziati per progetti crescita e grandi infrastrutture e per l’azione esterna.
I tagli, rispetto alla proposta della della Commissione Ue sono molto pesanti, ma non sono stati fatti dove si era chiesto. Infatti, gli stipendi di dei funzionari dell’Ue sono stati lasciati invariati, se non per l’aumento delle ore di lavoro a 40 settimanali a busta paga invariata.
Tra i 27 leader in campo si sono create quattro fazioni contrapposte. C’è la Germania, seguita da Olanda, Danimarca, Finlandia e Austria, che non vuole alcun taglio ai fondi per la ricerca e lo sviluppo e sulle politiche agricole.
Poi ci sono Francia e Italia che, insieme a Spagna, Lussemburgo e Belgio, sono favorevoli ai tagli, ma che devono essere moderati e non toccare i fondi per l politiche agricole.
Euroscettici Gran Bretagna e Svezia che si schierano contro i 15 paesi a cui andrebbero i fondi per la coesione (i cosiddetti recipienti netti: Portogallo e Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Irlanda, Cipro, Malta, Lettonia, Lituania, Estonia, Slovenia, Slovacchia e Polonia)