Si è arrivati pur se dolorosamente alla resa. Dolorosa, in quanto per il mondo del Bitcoin questo rappresenta il primo, rumoroso, ma effettivo fallimento. Mt.Gox, la piazza giapponese per lo scambio di valuta virtuale, ha così deciso di gettare la spugna. Il gruppo andato in bancarotta dopo aver «smarrito» una cifra equivalente a circa 350 milioni di dollari, ha gettato la spugna. Ha fatto sapere in una nota che ha abbandonato i piani di rilancio, e di aver concordato con il tribunale di Tokyo di procedere verso la liquidazione. «Il tribunale distrettuale di Tokyo ha stabilito che sarebbe difficile per la società di avviare le procedure di riabilitazione», è quanto dice la società in un comunicato scarno, pubblicato sul web.
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Nel mese di febbraio l’amministratore delegato Mark Karpeles si era scagliato contro gli hacker per il super-crac e in seguito erano stati ritrovati 200.000 bitcoin, rappresentanti meno di un terzo della somma. I creditori di Mt.Gox con il passaggio alla liquidazione riavranno cifre inferiori all’investimento fatto, diversamente da quello che sarebbe accaduto con l’amministrazione controllata.
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Lo scontro sui Bitcoin è anche giudiziario. Mark Karpeles infatti non sarà negli Stati Uniti per rispondere sotto giuramento alle domande del tribunale fallimentare. I rappresentanti di Karpeles, che hanno richiesto di spostare l’interrogatorio al 5 maggio, si sono appellati a un conflitto interno, dal momento che il manager ha ricevuto un mandato di comparizione anche dalla Financial Crimes Enforcement Network, divisione antiriciclaggio del dipartimento al Tesoro, che non avrebbe «specificato gli argomenti da discutere».