A seguito di tre giorni di deprezzamenti, Pechino fa respirare i mercati lasciando invariato il valore dello yuan, la valuta cinese che si muove in una “fascia” di oscillazioni del 2% nei confronti del dollaro Usa.
Un cambio rigido che, stando alla Banca centrale cinese, blocca la crescita del Paese alle prese con l’inaspettato rallentamento della produzione industriale e dei consumi. Ragioni sufficienti a tagliare il valore dello yuan del 4,6% da martedì scorso. Una mossa che nonostante l’apprezzamento del Fmi – secondo cui in questo modo Pechino potrebbe trasformarsi più rapidamente in un’economia di mercato – ha destabilizzato i mercati occidentali preoccupati dallo scoppio di una possibile guerra tra le valute (il taglio dello yuan è stato seguito da ruota dal Vietnam che ha deprezzato il dong).
Successivamente a due giorni di crolli, ieri i mercati hanno provato a reagire, mentre oggi sui listini sono tornate le vendite: Piazza Affari cede lo 0,6%, Londra è invariata, mentre Francoforte e Parigi cedono tra lo 0,3% e lo 0,4%. In lieve rialzo Wall Street con il Dow Jones in progresso dello 0,2% come l’S&P 500, mentre il Nasdaq è invariato. In mattinata la Borsa di Tokyo ha terminato gli scambi a +0,99%.
D’altra parte oggi l’attenzione degli addetti ai lavori si sposta da Oriente a Occidente. L’appuntamento più importante delle giornata è la riunione dell’Eurogruppo in agenda nel pomeriggio a Bruxelles: i ministri finanziari dell’Eurozona sono chiamati a ratificare il via libera al terzo piano di salvataggio da 86 miliardi della Grecia.
All’alba è arrivato il voto favorevole del Parlamento greco: la strada resta ancora lunga, dopo l’eventuale intesa a Bruxelles servirebbe ancora il voto dei Parlamenti nazionali, con lo scoglio della Germania che ancora spinge per un prestito ponte. La Borsa di Atene però affonda e lascia sul parterre oltre il 3% penalizzato dall’incertezza sugli equilibri politici del paese.