La storia-goccia che ha fatto traboccare il vaso è quella di un cliente di Poste Italiane che al momento di riscattare i suoi buoni fruttiferi trentennali, si è ritrovato con rendite dimezzate rispetto ai calcoli di partenza. Nonostante le ottime giustificazioni di poste, l’uomo si è rivolto ad un avvocato.
La questione dei buoni postali, con questa storia, è tornata sulle prime pagine dei giornali perché più di un cittadino si è ritrovato con pochissimi “spicci” in tasca e proseguire la questione per vie legali è apparso l’unico strumento nelle mani dei consumatori.
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Nessuno, probabilmente per cultura, parla di class action ma ci sono degli avvocati che indirizzano i consumatori sul comportamento da tenere, evitando le ansie legate all’approssimarsi della scadenza. Il prossimo 31 dicembre infatti, scadono i buoni trentennali stipulati nel 1984. All’epoca questi strumenti erano molto usati per l’investimento e il risparmio dai consumatori meno esperti, tra cui tanti pensionati e molte casalinghe.
Oggi chi vuole investire e risparmiare ha a disposizione ben altre soluzioni più speculative ma se trent’anni fa, diversi milioni di lire sono stati usati per acquistare buoni fruttiferi, non vale la pena perdere tutto. In realtà si stima che le rendite si siano dimezzate ma la riduzione dei tassi d’interesse operata da Poste Italiane è stata stabilita a livello normativo.
Insomma Poste ha fatto tutto secondo la norma. Eppure alle lamentele degli utenti, il giudice ha risposto obbligando l’azienda a liquidare gli interessi attesi dai consumatori. Il consiglio che danno i legali che seguono il caso da vicino è quello di farsi fare un calcolo dei rendimenti dei buoni allo sportello e qualora il risultato si allontani molto dalle premesse iniziali, rivolgersi ad un legale. In fondo per il riscatto c’è tempo. A partire dal 31 dicembre 2014 ci sono 10 anni di tempo.