Molto spesso allo stato capita di aver torto quando accusa un’impresa, soprattutto se piccola, di evadere le tasse: più di un euro su due, in caso di contenzioso legale, viene preteso dall’Agenzia delle Entrate o dalla Guardia di Finanza al contribuente in maniera illegittima.
I numeri diffusi alla fine di giugno dal ministero dell’Economia fanno emergere tutta la forza della battaglia fra gli uffici del fisco e le imprese. Solo nei primi tre mesi del 2014 si sono definiti con un esito interamente favorevole ai contribuenti dei contenziosi tributari per un valore di 3,6 miliardi. Una somma superiore rispetto a quella per cui la vittoria in tribunale è andata agli uffici dello Stato, che è di 3,5 miliardi.
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Ma anche se alla fine i giudici le danno ragione, giudizi tributari non sono sicuramente facili da affrontare per un’azienda. Lo stesso ministero dell’Economia calcola che in media, quando è coinvolto nella disputa fiscale, l’imprenditore deve scontrarsi con tribunali e parcelle degli avvocati per un periodo di 865 giorni. Soprattutto nelle piccole imprese, è tutto tempo portato via alla produzione, alla ricerca e allo sviluppo di nuovi prodotti o all’apertura di nuovi mercati. E in Italia è diventato un fenomeno persistente: soltanto l’anno scorso gli imprenditori hanno presentato più di 250 mila ricorsi fiscali, dal momento che si sentivano ingiustamente accusati di evadere qualcosa come 35 miliardi di tasse reclamate dallo Stato. Ad oggi, le cause di carattere tributaria aperte in Italia sono più di 650 mila: uno spaventoso prosciugamento di risorse, di tempo e denaro dalla produzione alle dispute su conti bancari, fatture e cartelle esattoriali.