Il problema di molti titolari di partita IVA e di molti contribuenti in generale, è quello di dimostrare di aver compiuto delle spese inerenti all’attività professionale e lavorativa. Ma non tutto può essere “scaricato” come si dice in gergo.
In tutti i casi è nelle mani del contribuente la dimostrazione delle spese ma questo non vuol dire che l’Erario accetti tutta la documentazione fornita per buona. Per esempio, secondo un principio di giurisprudenza tributaria, ribadito nella sentenza 23551 del 20 dicembre scorso della Corte di Cassazione, le spese che un’azienda sostiene per un bene di cui non è proprietaria non sono deducibili dal reddito imponibile.
La regola della non deducibilità vale anche nel caso in cui l’importo pagato dall’azienda o dal contribuente sia di entità assolutamente esigua perché è anche l’ammontare complessivo dei costi ad essere rilevante nella valutazione dell’inerenza delle spese rispetto all’attività d’impresa.
►Più di 100 spese per il redditest
Tutto nasce ancora una volta dalla proposta dell’Agenzia delle Entrate che si è scagliata stavolta contro la Commissione tributaria regionale, che, ad un grado inferiore di giudizio aveva annullato ben cinque avvisi di accertamento emessi a carico di due società in accomandita semplice.
L’ufficio finanziario, partendo dall’esiguità dell’importo della spesa portato in detrazione in relazione alla riparazione di un telefono cellulare non di proprietà dell’azienda, aveva poi messo in relazione costi bassi e indeducibilità delle spese.