Di Comune in Comune, la pressione fiscale ha una rilevanza diversa a discrezione dei Sindaci che aumentano o diminuiscono il prelievo per far fronte alle necessità di natura economica. La Cgia di Mestre ha così deciso di stilare e rendere pubblico un elenco dettagliato delle città in cui i tributi comunali sono più alti. Si evince che al primo posto si trova Bologna, al secondo Roma e al terzo Bari. Negli ultimi cinque anni, le tre città hanno subito un taglio ai trasferimenti pari al 48%. Milano manifesta una percentuale del 63%, mentre Venezia si attesta al 66%.
L’indagine verte sul calcolo del prelievo che una famiglia base (tre persone) ‘subisce’ per versare i soldi necessari al pagamento della Tassa sui servizi indivisibili (Tasi), dell’addizionale comunale Irpef e della Tassa sui rifiuti (Tari).
Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia, parla a ragion veduta di un elevato aumento della pressione fiscale da attribuire ai gravosi tagli ai trasferimenti di cui sopra. Tagli che lo Stato ha effettuato nei confronti delle amministrazioni locali e che obbligano le stesse a diminuire i servizi e incrementare le imposte. Per Bortolussi, sono le famiglie meno abbienti a pagarne le spese.
La Tasi è l’aliquota che pesa di più. Viene applicata ad ogni comune per una percentuale pari all’1,99 per mille. Per quanto il suo costo, alla fine dell’operazione, sarà di poco più bassi rispetto all’Imu, per il segretario Uil Loy la distribuzione di codesta imposta risulta meno equa. Versa più soldi chi prima era esente o versava cifre basse. Versa molto meno chi è proprietario di un’abitazione avente elevate rendite catastali.