Cresce a dismisura l’interesse della Cina nei confronti del mercato italiano. Il colosso asiatico ha già investito sette miliardi nell’ultimo periodo, spinto forse dalla necessità di ridurre le attività in dollari per diversificare il proprio portafoglio.Ma dietro questo ‘shopping’ c’è, ovviamente, anche tanto altro. Per anni la Cina è stata invocata come investitore risolutivo per il nostro Paese e per i suoi problemi. Il mercato cinese è primo al mondo in diversi comparti merceologici. L’Italia ha colto questo potenziale? Forse soltanto in parte. La competizione è molto alta nel comparto fashion e in alcuni settori legati all’automazione, ma nei settori con più alto contenuto di tecnologia la Cina si trova più avanti anche se invidia all’Italia alcuni tra i suoi asset.
L’Italia, attualmente, esporta in Cina un terzo in meno della Germania e il 20% in meno in confronto a quanto esporta la Francia, circa i macchinari elettrici. Vi è dunque un deficit in termini di competitività ma non è detto sia così penalizzante. La Cina, anzi, sta trasformando le sue strutture in maniera profonda. In primo luogo, necessità di aumentare la sua produttività, investire in tecnologie ambientali, realizzare un piano energetico che possa far fronte all’incredibile crescita dei consumi interni.
Tutto ciò apre nuove prospettive, nuove opportunità. Nuovi mercati per l’export italiano, sulla scia dell’attenzione che il colosso asiatico sta dedicando all’innovazione.
Per annoverare il mercato cinese tra quelli in cui poter sfondare, l’Italia deve colmare il gap insito nella competitività commerciale interno ai settori con più alto contenuto tecnologico. Occorre dunque individuare le priorità dal punto di vista industriale. Tecnologie, agro-alimentare, aerospazio, ambiente ed energia devono crescere.