Piove sul bagnato in Cina, sul listino azionario, a seguito delle ‘bad news’ provenienti da Europa e Stati Uniti.
La Cina è infatti ancora in rosso e in balia di evidenti difficpltà: 203 delle 2.808 società quotate hanno comunicato durante le scorse ore che i rispettivi titoli sono stati sospesi dalle contrattazioni, senza tuttavia spiegarne il motivo. Nel premarket Shanghai perdeva già il 3,2% nonostante le manovre di sostegno alle Borse messe in atto nei giorni scorsi dalla Banca centrale di Pechino.
Tokyo ha rimbalzato, aiutata dalla forte debolezza del petrolio e dello yen nei confronti del dollaro (cambio a 122,73 da 122,35 del giorno precedente).
Alle ore 8 italiane, l’Hang Senga scambiava a -0,92%, Shanghai era negativa per il 2,52%. Il Nikkei ha chiuso a 20.376,59 punti (+1,3%).
Nel frattempo la Banca centrale australiana ha lasciato invariati i tassi, come si aspettavano gli economisti. Restano fermi per ora al minimo storico del 2%.
Nelle ultime tre settimane Shanghai ha bruciato 2.400 miliardi di dollari. Ieri ha chiuso positiva dopo una sessione ad altissima volatilità. Pare che gli acquisti indirizzati alle blue chip siano stati fatti, riporta Marketwatch (gruppo Wsj), da fondi statali. Nonostante le forti perdite Shanghai ha guadagnato l’82% nell’ultimo anno e il 16% da gennaio ad oggi.
Gli economisti di Blackrock, Credit Suisse, Bank of America e Morgan Stanley avevano messo in guardia gli investitori, a giugno, che Shanghai era ormai entrata in una pericolosa bolla. L’indice valeva il doppio rispetto ai picchi raggiunti nell’ottobre del 2007.
Oggi a Tokyo hanno beneficiato del prezzo del petrolio e dello yen le utilities quali Hokkaido Electric Power e le compagnie aeree (Japan Airlines), oltre a quelle di shipping (Nippon Yusen K.K.).