Bank of Cina detiene il 2,102% del capitale di Eni, e il 2,071% di Enel. Sono quote che possono sembrare minoritarie rispetto a quelle dei soci di controllo dei due colossi, che fanno capo allo Stato italiano. Non va sottovalutato che si tratta di investimenti pari a oltre 2 miliardi di euro. A tanto ammonta, infatti, la somma del valore di un 2,1% di Eni (circa 1,36 miliardi) e di Enel (circa 785 milioni) in Borsa. I cinesi non sembrano aver valutato, nella loro prospettiva di allocazione dei fondi, i probabili cambiamenti della corporate governance delle due imprese, nel mese di aprile. E non è dato per scontato il rinnovo dei due vertici, guidati dagli ad Paolo Scaroni (Eni) e Fulvio Conti (Enel).
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Forse la mossa degli investitori cinesi deriva dalla missione del precedente governo di Enrico Letta. Infatti a metà gennaio si era recato a Pechino l’ex ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato, per ampliare l’entrata delle aziende italiane in Cina e sollecitare investimenti cinesi in Italia, così da riequilibrare anche la bilancia commerciale. ”La Cina – aveva detto Zanonato – è il più grande mercato oggi esistente e per troppi anni la nostra presenza non è stata sistematica nè sufficientemente organizzata. Ora non possiamo più permettercelo anche di fronte alla concorrenza agguerrita degli altri paesi”. A Pechino erano presenti i vertici della Cassa depositi, che formalmente detiene la prima quota dell’Eni (26%) ed è controllata dal Tesoro e partecipata dalle Fondazioni bancarie.
L’investimento cinese da 2,1 miliardi arriva a pochi giorni dall’investimento di Blackrock nel Monte dei Paschi, un 5,67% che in prospettiva ne fa uno dei maggiori azionisti della terza banca italiana.