Si registra un nuovo e pesante stop per quanto riguarda il commercio estero fuori dai confini dell’Unione europea a marzo, a riprova del fatto che si sta verificando una forte fragilità sul piano delle dinamiche economiche in particolar modo sui mercati emergenti; spicca poi il peso del comparto energetico nella dinamica complessiva.
Stando a quanto comunicato dall’Istat, l’export è diminuito in totale dello 0,3% sul mese e del 5,2% sull’anno (nei dati grezzi); per l’import la riduzione è pari al 2% sul mese e all’11% sull’anno: si tratta dunque di quello che passerà in rassegna come il calo maggiore da luglio 2014 ad oggi.
Un calo che va osservato e analizzato nei minimi dettagli. Con dovizia di particolari. E’ questo un ottimo modo per capire perché è stato fatto registrare. La tendenza dell’export concerne tutti i raggruppamenti principali ed è più marcata per l’energia (-42,6%). Anche la flessione delle importazioni, è “imputabile alla componente energetica (-30,8%) e, in misura meno intensa, ai prodotti intermedi (-8,3%)”. Solo i beni strumentali registrano +2,3%.
Il fatto che le importazioni siano calate più dell’export, porta la bilancia commerciale (+4.036 milioni) in surpus maggior rispetto a quello dello stesso mese del 2015 (+3.422 milioni).
Per quanto riguarda le destinazioni del Made in Italy, l’Istat annota che “si ridimensiona il calo delle vendite di beni verso la Russia (-0,9%), iniziato a maggio 2014. Gli Stati Uniti registrano un incremento delle esportazioni (+11,3%), ascrivibile alla vendita di mezzi di navigazione marittima. Aumentano anche le vendite di beni verso il Giappone (+9,5%). Paesi Mercosur (-28,2%), paesi Opec (-21,6%), Turchia (-11,0%) e paesi Asean (-8,0%) segnano un forte decremento delle esportazioni”.