Confindustria sull’insieme del provvedimento ha pronunciato un giudizio “positivo a patto che esso sia un pezzo di una strategia organica di ottimizzazione della pubblica amministrazione”. Va bene, per gli imprenditori, il “tentativo di aggredire alcune inefficienze strutturali” anche se sulla semplificazione dei rapporti tra Pa e imprese rimangono, ha affermato Panucci, “gravi lacune e crediamo che si possa e debba fare molto di più, soprattutto sui capitolo del fisco e dell’edilizia. Inoltre, consideriamo prioritari la revisione dell’autotutela amministrativa, per evitare che le Pa rimettano in discussione i titoli già rilasciati, e della conferenza di servizi, per superare dissensi e inerzie ingiustificati di alcune amministrazioni. Per questo, l’auspicio è che l’iter parlamentare di conversione sia l’occasione per rafforzarne l’impianto e, in parallelo, risolvere alcuni rilevanti nodi problematici”.
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Quel che manca invece “un intervento deciso per ridimensionare il perimetro pubblico e, in particolare, per arginare le degenerazioni del sistema delle società partecipate. Un fenomeno preoccupante descritto da numeri: le amministrazioni pubbliche, centrali e locali, detengono quote in più di 7.000 organismi. Con oneri per i contribuenti che ammontano a circa 26 miliardi di euro l’anno. Il 63,9% di queste non produce servizi pubblici. Con oneri complessivi per 12,8 miliardi di euro. Confindustria ritiene che siano ormai maturi i tempi per un ben più radicale riassetto”, ha sottolineato Panucci. Infine, Confindustria ha invitato a distinguere le funzioni per il contrasto della corruzione da quelle amministrative: “si tratta di due piani diversi, che richiedono risorse differenziate e che, per ragioni di efficienza oltre che di expertise, non vanno sovrapposte”.