Al Paese servono nuovi investimenti. Giustificarne l’assenza con conti pubblici complicati e dal difficile equilibrio è comprensibile ma non accettabile, perché investimenti che rilancino la produzione e la produttività innescherebbero processi virtuosi di sostegno proprio alle finanze pubbliche con un sostanzioso e rinnovato flusso di cassa. Sono convinto della necessità di un’attenzione maggiore alla competitività delle industrie e di una politica industriale nuova, che definisca obiettivi chiari e accompagni le imprese verso le sfide e i cambiamenti di cui si parla oggi. Quanto alla direzione da imboccare, gli orientamenti definiti a livello comunitario che individuano nella green economy, nell’Ict, nell’efficienza energetica e nell’innovazione, i driver per uno sviluppo solido e sostenibile sono una traccia importante, che la politica industriale italiana deve provare a sviluppare, trovando gli opportuni adattamenti alla nostra struttura economica e imprenditoriale.
In questo clima, l’ostacolo maggiore da superare concerne la debolezza della domanda interna. Squinzi vuole rilanciarla con politiche finalizzate alla crescita. Ciò è necessario dal momento che gli ultimi interventi di politica monetaria con i quali la Banca centrale europea ha messo a disposizione del sistema del credito risorse a lungo termine da destinare all’economia reale non hanno prodotto effetti sperati.
Alle imprese serve una maggiore efficienza della governance,soprattutto locale. In più occorrono interlocutori certi e capaci di generare decisioni tempestive e adeguate, e non norme che affondano radici in realtà che non esistono nel nostro Paese.