Il congedo parentale ad ore in Italia provoca non pochi problemi: introdotto tre anni fa in ottemperanza di una direttiva europea del 2010, resta lettera morta per la maggior parte dei lavoratori perché la regolamentazione viene delegata ai contratti collettivi.
Reintrodotto nel 2015 dal Jobs Act, stavolta con leggi generali applicabili in assenza di specifiche disposizioni da parte dei Ccnl, in teoria in vigore dal 25 giugno, a tutt’oggi è ancora in stand-by dal momento che è in attesa di una circolare Inps che sembra essersi persa tra le carte.
La storia del congedo parentale, dunque, sembra essere una storia infinita:
Il 16 luglio l’Inps annuncia agli utenti che è disponibile l’applicazione per l’invio telematico delle «domande di congedo parentale su base oraria». Significa che per i dieci mesi di permesso facoltativo (accordato ai genitori fino a quando il figlio compie 12 anni) si potrà scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria, un’opportunità che permette di occuparsi dei bambini senza però lasciare il lavoro. Molti genitori dunque si affrettano ad avviare la procedura, anche perché la normativa al momento è in vigore fino al 31 dicembre, dunque è una possibilità offerta per pochi mesi. Cosa succede dopo, ce lo raccontano alcune lettrici: «Collegandomi con il Pin dispositivo scrive a Repubblica Luisa Calistri – sono riuscita ad inserire la domanda.
Preciso che ancor oggi la mia domanda risulta in stato di “acquisita”. Inspiegabilmente, il 27 luglio l’Inps cancella tutto dal sito: la procedura, le istruzioni, il manuale utente. Da quella data non c’è più traccia di nulla. La circostanza più grave, tuttavia, è che l’Istituto lo ha fatto, in spregio a qualunque principio di trasparenza, senza pubblicare alcuna nota ufficiale in merito e senza disporre alcuna comunicazione, anche di natura transitoria, relativamente alle domande già presentate, nemmeno, al limite, rifiutando le stesse».