La riforma dei contratti introdotta dal Jobs Act ha modificato anche la normativa e la prassi legata ai congedi parentali. In pratica si potrà sostituire il congedo parentale con una riduzione dell’orario di lavoro fino al 50%, quindi con il passaggio al part time.
La riforma dei contratti di lavoro è stata approvata dal governo insieme con il Jobs Act che introduce nel nostro ordinamento anche nuovi strumenti finalizzati alla conciliazione lavoro famiglia. Tutti e due i genitori, quindi, potranno adesso chiedere la trasformazione temporanea del contratto di lavoro in contratto part time, invece di richiedere il congedo parentale. Il riferimento normativo è il comma 7 dell’articolo 6 del decreto approvato il 20 febbraio dal Consiglio dei Ministri.
Il lavoratore potrà chiedere una sola volta la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part time, al posto del congedo parentale per un periodo corrispondente. Il part time non dovrà superare essere inferiore al 50% dell’orario full time.
Ricordiamo che il congedo parentale può durare al massimo 10 mesi per i due genitori, con un tetto massimo di 6 mesi per ciascuno. Se ne deduce che anche i limiti temporali dell’alternativa sono gli stessi.
Il congedo parentale è stato poi modificato: se prima era limitato ai primi 8 anni del bambino, si può chiedere adesso fino al compimento dei 12 anni del figlio. Anche il part-time alternativo quindi può essere utilizzato nei primi 12 anni del bambino.
Si può andare oltre questo limite temporale nel momento in cui il lavoratore o la lavoratrice hanno un figlio convivente di età superiore a 13 anni e portare di handicap. Loro hanno la priorità riguardo la concessione della misura. Il part time può essere richiesto anche in altri casi che non prevedono la presenza di bambini: quando il richiedente o i suoi famigliari sono affetti da patologie oncologiche o da gravi patologie cronico-degenerative.