A settembre di quest’anno, secondo l’Istat, i consumi hanno fatto registrare un altro calo. L’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio ha fatto segnare una leggera diminuzione rispetto all’agosto. Si parla di un -0,1%, ma è quanto basta per aumentare la flessione rispetto al trimestre precedente che è invece dello 0,6%. Su base annua, il calo dei consumi è pari allo 0,5%.
C’è però da aggiungere, in base al riferimento dato di recente sempre dall’Istat, che la spesa per alimentari era risultata fin qui stabile: da 468 euro era passata a 461 euro, malgrado la diminuzione significativa di quella per la carne (-3,2%) e la messa in atto di strategie di contenimento della spesa. Il periodo cui si fa riferimento è però l0 scorso anno; il 2013 ha visto aumentare tanto la quota di famiglie che ha diminuito la qualità o la quantità dei generi alimentari acquistati (dal 62,3% del 2012 al 65%) quanto il numero di famiglie che si rivolge all’hard discount (strutture più limitate con prodotti non di marca). In termini percentuali dal 12,3% al 14,4%.
Lo scenario sembra tuttavia cambiare nel 2014. Durante i primi nove mesi dell’anno le vendite di prodotti alimentari fanno registrare una flessione dell’1,3% e quelle di prodotti non alimentari dell’1,2%.
Anche la forma distributiva e la tipologia di esercizio configurano indicatori in grado di distinguere le differenze di consumo da parte delle famiglie. Nella grande distribuzione, ad esempio, le vendite di prodotti alimentari aumentano, in termini tendenziali, dello 0,1%, mentre quelle dei prodotti non alimentari diminuiscono dello 0,8%. Nelle imprese operanti su piccole superfici, invece, le vendite segnano un calo dello 0,2% per i prodotti alimentari e dell’1% per i prodotti non alimentari.
Dunque la crisi che si ripercuote sulle famiglie e sui singoli muta anche le abitudini di consumo. Si ricordi una recente indagine Coldiretti/Ixè: il 47% delle famiglie italiane (una soglia che si avvicina quasi alla metà) afferma che le difficoltà economiche hanno provocato una ricerca diversificata dei prodotti, più orientata a quelli low cost. Le famiglie, perciò, rinunciano a primizie e ad eccellenze culinarie virando sui punti vendita più economici. Possono essere quantificate in 3 milioni le famiglie che si recano nei discount.
Dati in qualche modo confermati dalle ultime rilevazioni Istat, come sostengono gli esperti:
Per quanto riguarda gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, le vendite dei discount aumentano del 3,4%, mentre diminuiscono sia quelle dei supermercati sia quelle degli ipermercati (rispettivamente -0,6% e -2,5%). Quali prodotti, infine, tra i non alimentari sono andati meglio e quali peggio? L’Istat risponde così: a settembre le vendite sono aumentate, in termini tendenziali, per i gruppi “giochi, giocattoli, sport e campeggio” (+0,8%) e “prodotti farmaceutici” (+0,2%). In tutti gli altri casi, invece, si registra una diminuzione del valore delle vendite. In particolare, la flessione più evidente comprende il gruppo “altri prodotti”, cioè gioiellerie e orologerie, pari a -2,1%.