A lanciare l’allarme è Confindustria. Tra il 2000 e il 2013, in 13 anni, la produzione manifatturiera italiana è crollata del 25,5% al contrario quella mondiale è cresciuta del 36,1%. A calcolarlo è il Centro Studi di Confindustria.
“L’andamento della produzione manifatturiera italiana – ha spiegato il Csc – è anomalo rispetto ai principali paesi industriali, e ha risentito profondamente della contrazione di investimenti e consumi interni”. Riguardo al 2000, i picchi negativi più grandi si registrano nell’industria dei computer e macchine per ufficio, dove la produzione si è del tutto azzerata e in quella dei tabacchi, ambedue “comparti che si caratterizzavano per trend in caduta libera già prima della crisi”, ha sottolineato il Csc. “Ma la produzione si è più che dimezzata nell’elettronica e nel comparto automobilistico ed è prossima al 50% di quella di inizio periodo nel tessile, nella pelletteria e nel legno (esclusi i mobili)”.
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I paesi emergenti continuano ad avanzare, la Cina è al primo posto seguita dagli Stati Uniti e dal Giappone. Al quarto posto c’è la Germania, seguita dalla Corea del Sud e dall’India. L’arretramento dell’Italia “va al di là della fisiologica avanzata degli emergenti perchè è stato accentuato da demeriti domestici”, ha spiegato il Csc. Tra il 2007 e il 2013 la produzione è calata del 5% medio annuo, “una contrazione che non ha riscontro negli altri più grandi paesi manifatturieri”.
Tra la cause individuate da Confindustria, spiccano “il calo della domanda interna, l’asfissia nel credito, l’aumento del costo del lavoro slegato dalla produttività, la redditività che ha toccato nuovi minimi”.