“Questo non è un Paese per giovani”. E la colpa, in gran parte, è da ascrivere alla crisi che lo attanaglia da anni. Crisi che si riversa prepotentemente sul crollo demografico e che fa dell’Italia una realtà in cui la parola ‘crescita’ pare non trovare sbocchi. Lo scorso anno ha fatto registrare una diminuzione delle nascite pari al 3,7% in confronto all’anno precedente. Nel 2013, infatti, il tasso di natalità è sceso da 9 a 8,5 su ogni mille abitanti. A comunicarlo è il Censis, a seguito dell’indagine “Diventare genitori oggi”.
Tutto era diverso nel 2008, quando nacquero 576.659 nenonati. Pensare che nel 2013 sono stati 514.308 i bambini venuti al mondo nel nostro Paese. Ma non è solo la crisi a costringere gli italiani a rinunciare ad avere figli. Bisogna aggiungere che vi sono poche politiche pubbliche in grado di supportare il nucleo familiare. Chi lo sa? Forse con più interventi pubblici il tasso di natalità crescerebbe nuovamente…
Il Censis, intanto, avverte: gli italiani chiedono maggiori aiuti economici, minori sgravi fiscali, più servizi negli asili nido, più aiuti pubblici a supporto delle spese di educazione dei propri eredi in termini di pagamento di rette scolastiche, mensa, trasporti.
Solo così può essere combattuta la piaga della denatalità. Al giorno d’oggi, infatti, avere un figlio costa molto.
A subire in maniera preponderante l’impatto della crisi sono i giovani minori di 34 anni. Non è un caso che questa fascia di età decida sempre più di rimandare il discorso “famiglia”. Il tasso di denatalità cresce, la volontà di rimanere single anche. Più che una volontà, i tempi moderni suggeriscono che si tratta di una ‘forzatura’ dovuta allo status economico del Paese. Un Paese “non per giovani”.