I lavoratori sono sempre più spesso vittime di mobbing sul lavoro, ma non sempre sono consapevoli di quanto sta accadendo intorno a loro o, peggio, non denunciano il fatto in quanto temono che la loro reazione possa portarli a perdere il lavoro.
Ma il mobbing non deve assolutamente essere tollerato per questi motivi perché il suo perdurare può portare anche a danni gravi e irreversibili per la salute psico-fisica del lavoratore.
► Le cause e conseguenze del mobbing
Ma come si fa a riconoscere ed identificare il mobbing?
Secondo la sentenza n. 528 del 31 marzo 2011 del TAR Puglia Bari Sezione I, per poter parlare di mobbing è necessario che si verifichino queste condizioni:
1. molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o leciti quando considerati singolarmente, posti in essere con intento vessatorio e in modo sistematico nei confronti del dipendente;
2. tali comportamenti devono essere lesivi della salute o della personalità del dipendente;
3. deve sussistere un nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore;
4. l’intento persecutorio deve avere carattere di oggettività.
► Le principali forme di manifestazione del mobbing
In merito a questa sentenza, la Corte di Cassazione civile (Sez. lav. n. 3785 del 17 febbraio 2009) ha precisato che si può parlare di mobbing quando
la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio psichico e del complesso della sua personalità.