Popolo di santi, poeti, navigatori, ma non imprenditori. E’ questo il riassunto che si può fare dell’identità del popolo italiano se si considerano gli incentivi alle imprese e la burocrazia da superare prima di iniziare a fabbricare un certo prodotto.
► Particolarità delle imprese famigliari
Un’analisi di Paolo Cardenà, rimbalzata su molti giornali e arrivata fino al cuore dell’economia internazionale e Wall street, spiega perché in Italia, avviare un’impresa, non è un gioco da ragazzi, anzi è un onere a volte insopportabile per chi ha una buona idea ma pochi soldi per portarla avanti.
► Scritture contabili e atteggiamenti antieconomici
Paolo Cardenà, parte in realtà da un rapporto della Banca Mondiale che evidenzia come per fare business sia più facile rivolgersi alle autorità dello Zambia, piuttosto che mettersi nelle mani della burocrazia del Belpaese. In Italia è bassissima la probabilità di accedere al credito, le tasse da pagare sono sempre superiori a quelle corrisposte dalle imprese negli altri paesi dell’Eurozona e non solo, ma soprattutto c’è la tutela dei contratti.
Alla fine dei giochi, nella classifica dei paesi più fertili per i neoimprenditori, il Belpaese è soltanto in 84esima posizione. Nei posti migliori, invece, troviamo Hong Kong, la Nuova Zelanda, gli Stati Uniti, la Danimarca, la Norvegia, il Regno Unito e perfino Corea del Sud e Georgia. A seguire Finlandia, Australia, Malesia, Svezia, Irlanda e Islanda.