Mancano poco meno di ventiquattro ore all’attesissima riunione dei vertici dell’OPEC a Vienna, in programma per domani sul suolo austriaco.
Nel corso di un pre-meeting, sono uscite fuori numerose indicazioni negative da parte delle Nazioni che hanno il compito di provvedere al rifornimento di un terzo del greggio per il pianeta. La Russia ha lasciato intendere che è disposta ad accollarsi prezzi ancora più bassi.
Per quanto riguarda Messico, Venezuela e Arabia Saudita, questi Paesi hanno fornito indicazioni su quello che sarà l’attento monitoraggio per le quotazioni, ma senza un vero e proprio intervento. L’ostacolo maggiore per il sostegno dei prezzi è il seguente, secondo gli esperti:
L’Opec dovrebbe diminuire la produzione. Ma in questo momento, con gli Usa che guadagnano terreno grazie al boom dello shail, nessuno vuole arretrare perché spaventato dall’idea di perdere quote di mercato. In ogni caso, secondo i calcoli Bloomberg, questo livello di prezzi non permette a nessuno dei 12 Paesi dell’Opec di portare a casa un bilancio pubblico in pareggio, visto che i loro conti dipendono per larga parte dall’export di oro nero. In questo contesto, il petrolio resta vicino ai minimi da più di quattro anni: i future sul greggio con consegna a gennaio vengono scambiati a 74,13 dollari, dopo che ieri erano scesi a 74,09 dollari, il livello più basso dal settembre 2010. Sostanzialmente stabile invece il Brent, che guadagna 7 cent a quota 78,40. Di contro l’oro, in lieve ribasso, resta sempre vicino ai massimi da tre settimane. Il metallo prezioso viene scambiato stamani a 1.199,34 dollari l’oncia, contro i 1.200,98 dollari toccati ieri. Venerdì scorso le quotazioni erano salite a 1.207,93 dollari, il livello più alto dalla fine di ottobre