Quella che è in atto in Germania è una rivoluzione del mondo del lavoro davvero interessante perché introduce un salario minimo per lavoratori e lavoratrici e poi obbliga alcune aziende a rispettare le quote rosa anche nel management. Cerchiamo di capire meglio cosa accade.
Dal primo gennaio 2015 in Germania è in vigore una legge sul salario minimo. Diversamente rispetto al periodo in cui i sindacati e i rappresentanti delle imprese decidevano autonomamente, adesso lo Stato impone ai lavoratori e alle lavoratrici una paga base di 8,50 euro lordi l’ora.
> Il salario minimo da 8,50 euro l’ora diventa legge in Germania
A questa nuova legge se ne aggiunge un’altra approvata dal Parlamento tedesco il 6 marzo, che obbliga diverse società tedesche ad avere il 30% di donne nei posti che contano, affidando loro degli incarichi dirigenziali. A questa legge dovranno attenersi un centinaio di aziende mentre ad altre 3500 aziende sarà chiesto di aumentare il numero delle donne manager in modo graduale.
La parità salariale tra uomini e donne, invece sarà oggetto di un disegno di legge successivo. Questa rivoluzione, come spiega l’Economist in un interessante articolo sulla realtà tedesca, è stata preparata a livello politico. Basti pensare al fatto che Angela Merkel è una delle donne più influenti d’Europa e come lei ci sono anche Ursula von der Leyen, la ministra tedesca della difesa, oppure Andrea Nahles ministra del Lavoro e degli Affari Sociali, oppure ancora Manuela Schwesing, ministra per la famiglia e per le donne.
Quest’ultima ha difeso in più riprese l’importanza delle quote di genere nei consigli di amministrazione delle aziende. Una Germania che va in questa direzione, con questo impulso verso una parità dettata per legge tra uomini e donne, può essere d’esempio per il nostro Paese?