Nel 2014 non ci sarà la tanto auspicata ripresa. È lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ad affermarlo. Sicuramente i numeri del governo si conosceranno soltanto con la nota di aggiornamento del Def che giungerà il primo ottobre ma il ministro pone le mani avanti, confessando che c’è il pericolo che anche questo sia un anno di recessione.
Di sicuro, il numero negativo sarà «molto più piccolo del passato» e «risalirà già dal prossimo anno e in misura crescente dagli anni successivi», ma l’Italia, nel 2014, non sarà ancora fuori dalla crisi.
E questo rende difficile il percorso della legge di Stabilità, (mentre secondo i calcoli di Confindustria il 2014 si chiuderà a -0,4% e per il 2015 servono 15,9 miliardi solo per confermare gli impegni già presi): sarà «molto difficile» da stabilire, ha dichiarato Padoan, anche se il governo farà di tutto «per trovare risorse sufficienti e credibili». Senza che ci siano aumenti di tasse ma per mezzo della revisione della spesa che sarà, come ha afermato anche il premier Matteo Renzi, non solo tagli ma anche «riallocazione» di risorse: «Quando ci impegniamo a ridiscutere 20 miliardi su 800 stiamo toccando a stento il 3% della spesa» e «può darsi che alcune voci siano allocate in maniera diversa».
Padoan assicura che si tratterà di «un programma di spesa mirato all’efficienza», ferme restando «qualità e quantità dei servizi» e principalmente «senza tagli sociali».
Intanto il Mef inizia a fare la sua parte ed ha iniziato la sua spending review con «l’immediata riduzione di 139 posizioni dirigenziali non generali (da 712 a 573)» e la soppressione di 10 sedi territoriali dal febbraio 2015.