Quello che doveva essere l’anno della ripresa si sta evolvendo in maniera pressoché disastrosa. Le ragioni del flop sono da ascrivere alla crisi, all’incertezza, alle difficoltà riscontrate dai comuni nell’applicare la clausola della flessibilità. C’è poi chi “se la prende” con il nuovo codice degli appalti, entrato in vigore appena approvato, il 19 aprile, senza alcun periodo transitorio.
I costruttori dell’Ance lanciano segnali allarmanti e rivedono le previsioni di crescita per l’anno in corso: il tonfo è brusco – assicurano – e il 2016 rischia di chiudersi con un inespressivo 0,4 per cento di crescita in confronto alla precedente stima del 6 per cento. Un crollo da associare all’andamento delle presentazioni di gare per gli appalti pubblici: a giugno, quelli messi a bando dai comuni, sono diminuiti del 34,9 per cento in numero e di oltre il 60 per cento in valore (rispetto al maggio 2015 addirittura del 75). Ad aprile, invece, la corsa a fare in fretta per bandire gare con le vecchie regole aveva spinto gli appalti a più 50 per cento in valore.
Dunque, assicurano i costruttori, il tonfo è strettamente collegato all’entrata in vigore del nuovo testo, avviata senza periodo transitorio per non sforare ulteriormente i tempi previsti dall’Ue per l’adeguamento ad una direttiva europea. Il nuovo codice, infatti, statuisce che i progetti da mettere in gara devono essere “esecutivi”, e non più “definitivi”. Devono dunque entrare nel più stretto dettaglio al fine di evitare la presentazioni di varianti in corso d’opera, pericolosissime per i tempi di attuazione e ancor più per i costi. A volere la norma è stata sopratutto l’Anac di Raffaele Cantone, al fine di scoraggiare i tentativi di corruzione, ma le amministrazioni comunali si sono fatte trovare impreparate all’appuntamento.