Parlando in commissione Industria al Senato Ernesto Ferrario, amministratore delegato di Electrolux ha precisato :«Vogliamo restare in Italia, non abbiamo alcuna intenzione di andare via». > Il caso Electrolux, le possibili soluzioni
Il colosso degli elettrodomestici non se ne andrà ma vuole essere sicuro «della base competitiva». Ferrario spiega il «divario crescente di competitività rispetto a Polonia e Romania che ha portato una migrazione di volumi circa il 60% che vengono prodotte in est europa. Questo riguarda un fenomeno progressivo che non vede un arresto. In Francia e Spagna è quasi scomparsa la produzione dell’elettrodomestico, quindi il fenomeno è abbastanza chiaro». Electrolux non hai «mai proposto il taglio del 40% del salario. Non c’è un documento» prosegue Ferrario, dichiarando che quella è stata una percentuale «estrapolata» da calcoli non corretti dei sindacati. Né «abbiamo chiesto di ridurre l’orario di lavoro a 6 ore: non è legalmente né tecnicamente possibile». Invece «abbiamo chiesto di continuare con l’orario 6+2, di cui 2 ore con i contratti di solidarietà». Di sicuro, dice Ferrario, «non abbiamo mai detto che chiuderemo Porcia».
> Sempre più numerose le imprese italiane costrette alla chiusura
Parole che giungono dopo il secco no dei sindacati alla prima proposta dell’azienda. I rappresentanti di Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil ieri hanno «rigettato completamente» il piano di tagli su occupazione e salari posto dal colosso svedese degli elettrodomestici, come presupposto per tenere la produzione in Italia. La posizione è sorta nel vertice sindacale svoltosi a Mestre, dove i sindacati hanno anche respinto ogni operazione industriale che preveda il sacrificio di uno dei quattro siti nazionali – Susegana, Porcia, Forlì, Solaro – come contropartita nella vertenza.