La vittoria alle elezioni del centro-destra, da sempre antieuropeista, pesa in Islanda. La coalizione, negli ultimi quattro anni all’opposizione, torna al potere approfittando delle riforme sull’austerity sancite dal governo di sinistra. Un nuovo cambiamento, dunque, che allontana ulteriormente l’Islanda dall’Europa.
Alla guida del Partito dell’Indipendenza c’è Bjarni Benediktsson, quarantatré anni. Benediktsson si dice pronto a guidare il governo. Un governo di coalizione con il Partito del Progresso. I due partiti hanno nello specifico guadagnato 19 seggi a testa in Parlamento. La sinistra, al potere dal 2009, esce male da questa tornata elettorale. Colpa di una rigida politica che ha deluso l’elettorato. La sconfitta della sinistra ha un significato anche più profondo: con la destra nuovamente al potere l’Islanda non si candiderà per l’adesione all’Unione europea.
C’è da dire che la politica di sinistra, votata all’austerity ha concesso all’Islanda di uscire dalla recessione, con un Prodotto Interno Lordo in salita e una disoccupazione in calo. Gli elettori, però, sono stremati.
Alle urne si è recata l’83 per cento della popolazione avente diritto. I conservatori del Partito dell’Indipendenza (di destra) che hanno guadagnato il 26,7% dei consensi, con 19 seggi al Parlamento. I centristi del Partito del Progresso, invece, hanno raccolto il 24,4% e adesso possono contare ugualmente su 19 deputati. La coalizione di centro-destra avrà dunque 38 seggi su un totale di 63.