Eni, il colosso petrolchimico italiano dimezzerà la produzione. A rischio 3.500 posti

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 Mentre l’ex amministratore delegato di ENI, Paolo Scaroni, assicurò ai sindacati italiani che non avrebbe diminuito la produzione delle sue raffinerie e non avrebbe posto in essere tagli ai posti di lavoro, se non di più sicuramente fino alla fine del 2014, oggi invece il suo successore, Claudio Descalzi, sembra intenzionato a  non rispettare tali accordi. Infatti, la più grande compagnia petrolifera italiana che si attesta, tra le altre cose, tra le più importanti del mondo, ha deciso di avviare negoziati al fine di diminuire come minimo la metà della propria capacità produttiva di 774.000 barili al giorno, mettendo in questo modo a rischio oltre 3.500 posti di lavoro.

Il più ampio programma di diminuzione produttiva di ENI, consisterebbe in un tentativo totale del nuovo amministratore delegato, Claudio Descalzi, di rivedere la sovracapacità nel compartto della raffinazione in Europa, dove la crisi economica e la concorrenza asiatica hanno portato a chiusure e fallimenti. Descalzi, che ha guidato in modo ineccepibile la divisione di esplorazione e produzione, prima della sua promozione a maggio, avrà probabilmente l’autorizzazione a procedere, almeno in silenzio, dal suo maggiore azionista, il Governo Italiano.

Eni, indetto uno sciopero contro la chiusura delle raffinerie in Italia

La chiusura di alcuni impianti di raffinazione, ha già messo in agitazione i sindacati, che immaginano altri tagli rilevanti dell’occupazione proprio nel momento in cui l’economia italiana deve far fronte a un tasso record della disoccupazione al 12,6%. “Il messaggio di Renzi per rendere le aziende più efficienti è molto chiaro”, ha detto Nicolò Sartori, analista energetico presso l’Istituto di Roma per gli affari internazionali. “Se l’Eni vuole tagliare i costi e affrontare le inefficienze, il taglio degli occupati è un opzione da valutare”.

 

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