Quando sono possibili le esenzioni IRAP per i professionisti che condividono gli spazi con un’associazione? La risposta è: mai. Il concetto a lungo dibattuto in ambino fiscale, è diventato oggetto di una sentenza della Corte di Cassazione del 28 gennaio scorso. Vediamo quali sono i presupposti per l’applicazione dell’IRAP e perché i professionisti non possono avvalersene.
La sentenza numero 1662 del 28 gennaio 2015 della Corte di Cassazione ribadisce che quando si può applicare ad un gruppo di professionisti il concetto di autonoma organizzazione, ci sono tutti i presupposti per l’imposizione dell’IRAP. Per cui i professionisti che condividono spazi di lavoro, attrezzature e personale con un’associazione, devono pagare l’IRAP perché come contribuenti restano persone fisiche e quindi hanno tutti i presupposti dell’autonoma organizzazione.
> Irap per le imprese, aumenta la deduzione
Un chiarimento importante sia dopo tanti anni di discussioni riguardo la classificazione degli studi professionali e le altre forme di associazione professionale, sia perché in questa particolare epoca storica, stanno proliferando i casi di coworking. La Cassazione, per arrivare alla sua conclusione ha preso in esame il caso di un medico, convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale che faceva parte di un’associazione professionale che mette a disposizione attrezzature e personale.
La sentenza della Cassazione ha stabilito che questo medico era esente dall’IRAP perché l’associazione di cui fa parte si basa sull’uso comune di sedi, attrezzature mediche e personale amministrativo ma poi ogni medico non sostituisce l’altro per l’assistenza alla rispettiva clientela, quindi ogni medico svolge autonomamente la sua attività traendo il suo reddito dall’attività stessa e senza partecipare al reddito derivante dall’attività degli altri.
Diverso è il caso dello studio associato che ha un’autonoma organizzazione e quindi è soggetto al pagamento dell’IRAP.