Il Sud va «sempre più in basso». Il contesto dell’economia meridionale è «particolarmente critica; quasi tutti gli indicatori sono decisamente inferiori rispetto a quelli delle altre aree del paese e alle medie nazionali». L’Eurispes, nel suo rapporto annuale, esaminando i dati economici italiani, su cui si basano le previsioni, afferma che «è possibile lasciarsi cullare da un moderato ottimismo», che però va lasciato quando si riduce l’analisi al solo Mezzogiorno. «Sembra difficile poter preveder una ripresa nel breve periodo», afferma l’Istituto di ricerca. I sei anni di «carestia», causata dalla crisi (2007-2012), «sono stati una vera piaga per un tessuto economico già in affanno».
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Quasi tutti gli indicatori che interessano il mezzogiorno, rileva l’Istituto, sono inferiori in confronto alle altre aree del paese: la disuguaglianza tra la percentuale di aziende con fatturato in crescita e in calo è negativa del 43% circa (contro il 25% medio), mentre il fatturato diminuisce in media del 13,8% (contro il 7% medio). E anche i dati sugli ordini conducono a effetti affini; nel mezzogiorno infatti si vede il peggior saldo e la peggiore variazione media del portafoglio ordini, con valori molto lontani dalle altre aree geografiche e dalla media nazionale.
I dati, evidenzia l’Eurispes, mostrano che le imprese meridionali hanno «un forte gap» in confronto alle imprese del centro-nord anche riguardo alla capacità di ingrandimento sui mercati esteri. «È unanime la valutazione secondo cui il Mezzogiorno abbia subito più del centro-nord le conseguenze della crisi», considera l’Istituto di ricerca. La congiuntura negativa «sta incrementando il divario tra nord e sud, già grave in Italia». A gravare è stato anche l’impoverimento delle casse dello Stato, che ha inciso più sul Sud che nel resto del paese. Il mezzogiorno, osserva l’Eurispes, «è ormai vicino al limite di sopportazione», è necessario un cambiamento.