Google sta ricevendo in questi giorni una pesante offensiva da parte dell’Europa. Lo si evince dalle colonne del Wall Street Journal, che palesa le preoccupazioni della Silicon Valley scrivendo che il Vecchio Continente ha preso di mira le azioni digitali americane.
E’ così? Il quotidiano scrive che piovono sugli States accuse di elusione fiscale, e che le iniziative di tutela della privacy vanno moltiplicandosi. Non mancano in questo clima rovente le procedure Antitrust. Procedure che sono in pieno stile europeo. Anni fa, la Commissione Ue si scagliò contro il monopolio di Microsoft. Gli americani lessero quell’offensiva come un complotto ai danni degli Stati Uniti. In quell’occasione, l’Antitrust di Washington non prese però particolari provvedimenti contro la creatura di Bill Gates.
Oggi la storia si ripete, e la prassi dell’Antitrust del Vecchio Continente avrebbe un bersaglio preciso: Google. L’obiettivo? Secondo taluni è smantellarlo. In dirittura d’arrivo ci sarebbe il principio della neutralità delle piattaforme, che costringerebbe Google ad agevolare l’utilizzo di motori di ricerca con regole differenti rispetto al suo. Germania e Francia, con il supporto dell’Europarlamento, studiano soluzioni per sciogliere i motori di ricerca dagli altri servizi offerti da Google.
La questione dell’elusione fiscale rappresenta bene le differenze che intercorrono tra Stati Uniti e Unione europa. In realtà fu il Congresso di Washington ad aprire per primo una indagine sul comportamento fiscale di questi giganti. Memorabile fu l’audizione di Tim Cook, chief executive di Apple, nel corso della quale i parlamentari divulgarono dati scandalosi: l’azienda creata da Steve Jobs sfrutta ogni possibile cavillo delle legislazioni fiscali per spostare i suoi profitti da un paese all’altro. Alla fine la massima parte dei profitti viene fatta “figurare”, in modo del tutto artificioso, a capo delle filiali irlandesi, con fisco più generoso.