L’Eurozona cresce maggiormente rispetto alle aspettative. Il merito è da ascrivere al calo del prezzo del petrolio e agli stimoli monetari sostenuti dalla Bce con il Quantitative Easing.
A renderlo noto è l’Eurostat che all’interno della sua seconda stima rivede al rialzo il dato sul Prodotto Interno Lordo del secondo trimestre 2015 pubblicato il 14 agosto scorso: l’economia della zona euro sale da +0,3% a +0,4%, quella italiana da +0,2% a +0,3%. Insomma i tecnici di Bruxelles confermano la lenta, ma costante ripresa del Vecchio continente: nei primi tre mesi dell’anno, il Pil dell’Ue a 19 era cresciuto dello 0,5%, quello italiano dello 0,4%.
Anche Eurostat, di fatto, mette l’Italia sulla giusta rotta per centrare il +0,7% stimato nel Def per il 2015. Dopo il +0,4 e il +0,3% dei primi due periodi dell’anno, è sufficiente replicare un +0,3% nei due restanti periodi per portare la crescita complessiva allo 0,8%, come stima possa accadere Intesa Sanpaolo. “Lo 0,7% del governo è a questo punto senz’altro condivisibile”, ha spiegato Stefania Tomasini, responsabile delle previsioni economiche italiane per il centro studi Prometeia, che sta valutando un innalzamento della stima di crescita. Se ci fosse una sorpresa positiva, a fine anno, per il governo ci sarebbe un piccolo dividendo da sfruttare.
“La regola consolidata dice che un punto percentuale di Pil in più equivale a mezzo punto di indebitamento in meno”. In soldoni, se volessimo dar credito a un rafforzamento della ripresa fino al +1%, rispetto allo 0,7% preventivato, “avremmo maggiori disponibilità sull’indebitamento per altri 1,5-2 miliardi”.
Gli economisti, tuttavia, malgrado le stime positive dell’Eurostat guardano con più di un timore all’anno prossimo con i dubbi legati al clima economico internazionale e le fragilità dovute al rallentamento della Cina. Il governo, però, potrebbe indicare nel Def una crescita per il 2016 dell’1,6% contro lo stimato – attuale – +1,4%.