Dopo i casi Intercos, ItaliaOnline, Sisal, anche Fedrigoni decide di ritirare l’Ipo e fare dietrofront da Piazza Affari. Era già successo tre anni fa. L’industria cartaria veronese ha scelto di rinunciare al suo progetto di quotazione sul mercato finanziario. L’offerta globale di vendita e sottoscrizione delle azioni ordinarie è stata annullata.La decisione è stata presa a seguito del sempre più difficile momento che sta attraversando il mercato. Le condizioni finanziarie, durante il periodo di offerta, si sono deteriorate. Così, l’Ipo che aveva preso il via lo scorso ottobre si è chiusa nella giornata di ieri e il debutto sul segmento Star di Borsa Italiana previsto per il prossimo 29 di ottobre non si farà. Erano pari a 32,73 milioni le azioni messe a disposizione. Di queste, 13,5 provenivano dal programma di ricapitalizzazione. Le restanti 19,2 milioni erano state messe in vendita dall’azionista venditore. Il totale corrisponde al 35,01% del capitale sociale, che diventa il 40,26% in caso di esercizio integrale della green shoe.
L’intervallo di valorizzazione indicativa oscillava tra un minimo non vincolante di 440 milioni di euro e un massimo vincolante di 560 milioni, pari a un prezzo minimo di 5,5 euro per azione e un prezzo massimo di 7 euro.
Dopo un momento in cui sembrava andare tutto bene, con l’ottimismo a farla da padrona, il coraggio di fronteggiare la difficile situazione del mercato è venuto meno anche a Fedrigoni, che si è aggiunto così al lungo elenco di società che da inizio anno ha deciso di cancellare il progetto di sbarco a Piazza Affari a causa della fase di turbolenza.
Tutto questo accade malgrado i buoni propositi del gruppo, che ha chiuso il primo semestre con un utile netto in crescita del 114,2% a 29,9 milioni di euro, a fronte dei 12,9 milioni dell’analogo periodo dell’anno prima, un aumento dei ricavi dell’8,9% a 440,8 milioni, un progresso dell’ebitda del 38,2% a 57,9 milioni e dell’ebit del 78,3% a 47,9 milioni.