La Germania, la locomotiva d’Europa, l’unica a dare sempre l’idea di fare le cose giuste anche quando gli altri stati erano nel pieno della recessione, si è fermata. Tutti i criteri di giudizio rilevanti stanno affrontando un declino inaspettato. A cominciare dal Pil: nell’anno della crescita (come era stato preannunciato da tutti a dicembre) è stato registrato un calo del Prodotto dello 0,2% da un trimestre all’altro. Finanche la fiducia delle imprese è diminuita, segno che il pessimismo è a questo punto entrato di fatto nella mente dei principali protagonisti economici. L’indice IFO, che misura proprio il sentiment degli imprenditori in merito all’immediato futuro economico, ha avuto un calo per la quarta volta di seguito. Il dato più recente parla di 106,3 contro i 107 attesi.
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Alcuni economisti, e soprattutto quelli che osteggiano l’austerity, attribuiscono le maggiori responsabilità alle politiche economiche troppo restrittive che hanno contrassegnato tanto l’Europa quanto la Germania, che però è sempre riuscita ad avere vantaggio da questa situazione grazie a un export in ogni caso all’altezza.
Il Governo della Merkel attribuisce invece la colpa a motivi del tutto esterni, che hanno poco a che vedere con l’economia e nulla a che vedere con le politiche di Bruxelles. La colpa, stando alla Merkel, è della guerra in Ucraina. La zona dell’est europeo, in effetti, è uno dei mercati di riferimento per la Germania. Mercati che, in questo momento, sono poco raggiungibili proprio a causa delle operazioni belliche in corso. In conclusione, in maniera molto banale, se il commercio non va la colpa viene data alla guerra.
È sicuramente una spiegazione molto semplicistica che non riesce a dare l’immagine del declino europeo che, oggi, sta diventando anche declino tedesco.