In una lettera inviata lo scorso aprile, il direttore dell’Agenzia delle entrate critica alcuni eccessi della lotta all’evasione contro i cittadini in buona fede: “Così veniamo meno a un obbligo morale di reciprocità”
In Italia c’è “ostilità” verso di chi vuole far pagare le tasse. Ma, “se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il fisco, ripagarlo con la moneta dell’accanimento formalistico significa venir meno a un obbligo morale di reciprocità”. A dirlo, il direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, in una lettera inviata il 17 aprile scorso ai direttori provinciali.
> Evasione fiscale, un euro su quattro scappa dalle mani del Fisco
“Era prevedibile – scrive Befera – che un’azione di controllo sempre più incisiva e mirata avrebbe potuto suscitare malumori anche forti, perché stiamo andando, in alcuni casi per la prima volta, a intercettare situazioni rimaste a lungo al riparo dalla lente del fisco. Ed era anche abbastanza prevedibile che a questo stato d’animo si sarebbero accompagnate proteste assolutamente strumentali”. “Un po’ meno prevedibile, forse – continua il direttore dell’Agenzia – era l’esplodere di vere e proprie ostilità verso chi cerca solo di far applicare le regole che prevedono l’obbligo di pagare le tasse. Un obbligo il cui rispetto è essenziale per il funzionamento dello Stato e per la vita della collettività”.
> Fisco, aumentano le entrate tributarie nei primi mesi del 2014
E continua Befera nella lettera, “se un accertamento non ha solido fondamento non va fatto e se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudoinfrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica sembri essersi chiusa negativamente. Allo stesso modo”, conclude Befera, “non è ammissibile pretendere dal contribuente adempimenti inutili, ripetitivi, e defatiganti. E costituisce una grave inadempienza ritardare l’esecuzione di sgravi o rimborsi sulla cui spettanza non vi sono dubbi”.