Fmi sprona l’Italia a diventare più competitiva

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 L’Italia deve preoccuparsi di meno del costo del lavoro e spingere l’acceleratore sull’innovazione. È il suggerimento che giunge dal Fondo monetario internazionale, secondo cui le riforme per affrontare il nanismo delle aziende ed essere più competitive sono più urgenti poichè il costo del lavoro è “sempre meno importante” per la competitività globale delle imprese italiane. Quindi  per riempire il distacco con le aziende internazionali servono gli sforzi e le riforme strutturali per “innovare ed espandere” le dimensioni d’impresa.

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Lo studio, condotto dall’economista Fmi Andrew Tiffin, mira a “delineare alcune implicazioni per l’agenda di riforme strutturali” delle autorità italiane”. Si inizia da una valutazione di base: c’è un “gap di competitività” dell’Italia nei confronti dei più importanti competitor europei che hanno fatto misure strutturali. Ma “il settore commerciale italiano continua a collocarsi fra i leader mondiali, a differenza di altri Paesi europei”.

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A fronte del forte peso delle industrie tradizionali sull’export italiano – tessile, mobili, cibo – e della poca presenza di industrie nel comparto scientifico, come il farmaceutico o l’elettronica d’avanguardia, l’Italia ha “una quota importante che deriva dai fornitori specializzati”, imprese minori che progettano, sviluppano e producono strumenti per particolari processi o esigenze produttive. Sono queste che hanno garantito la tenuta dell’export grazie a “inventiva e agilità”.

 

 

Stando al Fmi, le imprese, spesso Pmi, che producono beni strumentali avanzati “potrebbero non essere più la fonte di forza che erano in passato”, per rigidità, burocrazia ma soprattutto per le loro piccole dimensioni di fronte alla “natura mutevole della produzione globale”.

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