Le magnifiche prestazioni della casa di Detroit non bastano. Alle paure degli investitori che l’eventuale esercizio del diritto di recesso da parte di un grande numero di soci possa far saltare (almeno per ora) la fusione fra Fiat e Chrysler si è unito il dato sul Pil che prova il ritorno dell’Italia in recessione. Il titolo Fiat ha vissuto in Borsa un’altra giornata di sofferenza, lasciando il 5,55%, a 6,46 euro (ai minimi del 2014), dopo che è stato sospeso per tre volte ed è arrivato a perdere fino all’8,5%.
Tutto questo non ha però preoccupato Sergio Marchionne. Parlando a Detroit in conference call con gli analisti, Marchionne è apparso tranquillo. Per lui gli scenari rappresentati sui giornali, in merito al diritto di recesso, sono solo «esagerati» e la Fiat sta pagando «il prezzo di una reazione eccessiva». Semmai, ha detto, è la situazione economica italiana che ha inevitabilmente un impatto negativo sul gruppo e sul titolo Fiat. «Noi siamo trascinati dentro – ha dichiarato -. E se avessimo potuto, avremmo certamente scelto tempi migliori per annunciare la fusione».
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«E’ un peccato che non ci sia chiarezza», ha confermato Marchionne agli analisti. Ha sostenuto che lui, invece, è stato chiaro all’assemblea a Torino tenutasi lo scorso primo agosto in cui i soci Fiat hanno dato il via libera alla fusione tra Torino e Detroit che porterà alla nascita di Fiat Chrysler Automobiles. Marchionne ha perciò rammentato che se sarà superato il limite dei 500 milioni di euro stanziati dal Lingotto per pagare i soci contrari all’operazione, la fusione non si farà. «Aspetteremo finché non ci saranno migliori condizioni per farlo. Il nostro impegno per portare a termine la fusione resta comunque inalterato».