Brexit e crisi dei rifugiati: sono questi i nuovi timori di cui si discute al G20. I grandi Paesi aggiornano così il catalogo delle loro preoccupazioni relative alla fragile crescita economica, già minacciata dagli ormai vecchi spauracchi rappresentati dalla Cina e dalla volatilità sui mercati finanziari.
Per questo, l’impegno che esce dal tavolo del G20 di Shanghai alla fine di due giorni di lavoro si focalizza sulla necessità di fare di tutto per supportare la crescita economica. La volontà dei banchieri centrali è quella di mantenere una politica monetaria ancora accomodante; a questa si assocerà la seconda stampella della flessibilità di bilancio per condurre di nuovo a una crescita equilibrata.
Riassumendo il lavoro della due-giorni, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha spiegato che si è discusso sulle politiche necessarie per sostenere la domanda e si è aperto all’idea che “laddove ci sia spazio fiscale questo debba essere utilizzato per misure favorevoli alla crescita, ad esempio per spese per investimenti che sostengono sia la domanda sia la crescita di medio termine”. Insomma, un tasto sul quale l’Italia batte da tempo. Nel testo finale, anticipato dalle indiscrezioni filtrate fin dalla notte italiana, i paesi del G20 dicono di usare “tutti gli strumenti di politica” possibili, inclusi quelli monetari, fiscali e strutturali, per irrobustire la fiducia economica e “rafforzare la ripresa”. Le prime 20 economie del mondo metteranno in atto tutte le politiche “sia in misura individuale sia collettiva”, si legge nel comunicato, alla luce del fatto che la crescita globale è “irregolare e inferiore alle nostre ambizioni”.