Il monte salari è di poco inferiore a quello del Prodotto interno lordo italiano: 1.280 miliardi si sono volatilizzati dalle buste paga mondiali, per effetto della crisi economica.
L’impatto della recessione sul lavoro è dunque enorme, secondo l’Ilo, l’Organizzazione mondiale sul lavoro, che ha prodotto il “World Employement and social Outlook 2015” spiegando che l’importo è pari all’1,2% della produzione mondiale e a circa il 2% dei consumi.
“Il mondo del lavoro sta cambiando in maniera nitida e profonda, in un periodo in cui l’economia globale non genera un numero sufficiente di posti di lavoro”. Il dato globale della disoccupazione ha così raggiunto i 201 milioni nel 2014, oltre 30 milioni in più rispetto a prima dello scoppio della crisi globale in 2008. A livello mondiale, a partire dal 2011 la crescita dell’occupazione è rimasta ferma intorno all’1,4 per cento l’anno. A partire dal 2008, nei paesi industrializzati e nell’Unione Europea, la crescita dell’occupazione è stata in media dello 0,1 per cento l’anno, rispetto allo 0,9 per cento tra il 2000 e il 2007.
Oltre alla diminuzione della massa salariale globale data dal divario occupazionale, il rallentamento della crescita dei salari ha avuto conseguenze grandi anche sulla massa salariale aggregata. Ad esempio, si stima che nelle economie industrializzate e nell’Unione Europea, nel 2013, il rallentamento della crescita dei salari durante e dopo i periodi di crisi abbia provocato una riduzione di 485 miliardi di dollari della massa salariale a livello regionale.
Per via dell’effetto moltiplicatore dell’aumento dei salari, dei consumi e dei livelli di investimento, si valuta che, colmando il gap occupazionale mondiale, il Pil globale avrebbe un incremento pari a 3.700 miliardi di dollari – ovvero uguale ad un aumento della produzione mondiale del 3,6 %. L’Ilo osserva inoltre che nel 2014, quasi il 73 % del divario occupazionale mondiale era dovuto a un deficit dell’occupazione femminile, che rappresenta solo il 40 % circa della manodopera mondiale.
Tra gli altri dati che emergono dal World Employment and Social Outlook 2015, si legge che i tre quarti dei lavoratori hanno contratti temporanei o a breve termine, lavorano nel comparto informale molte volte ancora senza nessun contratto, sono lavoratori autonomi, o svolgono un lavoro familiare non retribuito.