Negli ultimi 12 mesi, gli italiani hanno ripreso il gusto di risparmiare che si era affievolito a partire dal 2009. Negli anni della crisi, una delle virtù degli italiani, che in un certo senso teneva in piedi l’economia, era la capacità di risparmiare che sembrava essere andata persa.
Secondo uno studio di Acri-Ipsos nel 2013 la percentuale di nostri connazionali che è riuscita ad accantonare un’aliquota del proprio reddito è salita al 29% dal 28% del 2012.
Simmetricamente, le famiglie con un saldo finanziario negativo sono diminuite dal 31% al 30%, mentre la maggioranza dei nuclei familiari (40%) ha continuato a consumare per intero il proprio reddito, per necessità o per scelta.
► Calo dei consumi e meno risparmi per le famiglie italiane
La crisi incide sensibilmente anche sulle abitudini e sulle forme del risparmio: se nel 2006 il 70% delle famiglie riteneva che l’investimento più solido e sicuro fosse il “mattone”, oggi solo il 29% del campione è rimasto dello stesso parere (contro il 35% del 2012).
Tra le cause di questo “divorzio”, il campione indica la stretta sulla concessione di mutui, la tassazione crescente e mutevole, i costi di gestione immobiliare.
Il periodo di difficoltà economico- finanziarie induce un numero crescente di famiglie (ben il 34%, massimo storico per l’Italia) a puntare su forme di accantonamento ritenute più sicure e garantite come il risparmio postale, i bond ed i titoli di stato (anche se questi ultimi segnano un lieve calo dal 9% al 7%).
La scelta azionaria, anch’essa in lieve discesa interessa oggi il 7% della famiglie contro l’8% del 2012, mentre la prassi di tenere i risparmi in liquidità prevale, come sempre, su tutte le altre forme di accantonamento e riguarda il 66% delle famiglie.