Questa volta va male a Goldman Sachs. La banca d’affari americana, che spesso e volentieri è stata capace di sorprendere in positivo i mercati, ha mandato in archivio il terzo trimestre del 2015 facendo registrare un calo dell’utile.
Le cause sono da ricercare nel debole andamento del trading sull’obbligazionario per i rinnovati timori sulla crescita globale, nello specifico sulla crescita della Cina, e l’incertezza sui tempi di un rialzo dei tassi da parte della Fed.
L’utile netto si è quasi dimezzato (-36%) a 1,43 miliardi di dollari, pari a 2,9 dollari per azione, rispetto ai 2,24 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso (4,57 dollari). Si tratta del secondo trimestre consecutivo in cui Goldman Sachs registra una flessione dell’utile. Anche i ricavi netti sono scesi del 18% a 6,861 miliardi dagli 8,387 miliardi di un anno prima. Disattesi gli analisti che si aspettavano un utile per azione di 2,91 dollari e un giro d’affari di 7,13 miliardi di dollari.
A pesare sui conti è stato il ribasso del 33% a 1,46 miliardi del fatturato generato dal traging nel reddito fisso, valute e materie prime, la discesa trimestrale più forte da due anni a questa parte; meno marcato il calo del fatturato generato dal trading azionario (-9% a 1,75 miliardi). Come se non bastasse, Goldman Sachs ha riportato un roe del 7% nel trimestre, un risultato stranamente basso per una banca che vantava i migliori ritorni rispetto a quasi tutte le rivali sia prima che in seguito alla crisi finanziaria.
“Abbiamo fatto registrare un calo dell’attività e dei prezzi degli asset nel corso del trimestre, cosa che riflette le rinnovate preoccupazioni sulla crescita dell’economia globale”, ha sottolineato l’amministratore delegato, Lloyd Blankfein. Comunque “continuiamo a vedere forti livelli di attività nell’investment banking e crescita nell’investment management”, ha precisato l’amministratore delegato.