Il governo italiano è insoddisfatto dal timido rialzo del Pil, pari soltanto a un +0,2%. Il dato è stato registrato dall’Istat, riguarda il secondo trimestre ed è stato reso noto alla vigilia di Ferragosto.
Un dato che non va a genio all’esecutivo perché, se tutto va bene, nel 2015 l’Italia porterà a casa quanto previsto in aprile col Def, lo 0,7% in più di crescita. Uno scenario da minimo sindacale e probabilmente da Cenerentola d’Europa, non a caso definito dal governo stesso in quel Documento di economia e finanza “prudenziale”. Un modo per restare bassi, scommettendo sotto sotto sull’effetto a sorpresa del +1% a fine anno. Effetto che ora sembra dileguarsi. Non solo. L’Italia dovrà sudare per tenersi stretto almeno lo 0,7%, a detta di analisti ed economisti, assicurandosi un +0,4 e un +0,3 nei restanti due trimestri senza compromettere pure le previsioni per il 2016 (+1,4). E ancor di più per ottenere da Bruxelles gli sconti auspicati. Con performance così poco brillanti, per la verità condivise pure da Francia e Germania, la trattativa con l’Europa riparte in salita. Pur essendo cruciale, mai come quest’anno.
La legge di Stabilità, da confezionare entro la metà di ottobre, viaggia già attorno ai 25 miliardi lordi. Ne servono ben 19 solo per scongiurare le clausole di salvaguardia (aumento di Iva e accise e taglio delle detrazioni), per applicare tre sentenze della Consulta (Robin tax bocciata, rivalutazione delle pensioni e rinnovo dei contratti pubblici) e lo stop dell’Ue alla reverse charge per i fornitori della grande distribuzione, un meccanismo tributario contro l’evasione Iva. E poi ci sono le tante promesse fatte dal premier Renzi e dai suoi ministri. Sei su tutte: risorse per i poveri (i cosiddetti incapienti, tagliati fuori dal bonus da 80 euro), gli autonomi, il Mezzogiorno, la flessibilità in uscita per le pensioni, gli sgravi per il lavoro, la casa.