In Grecia le possibilità di scongiurare le elezioni anticipate sono sempre di meno. Ci si chiede pertanto cosa potrebbe accadere nel caso in cui si tornasse a votare a febbraio 2015.
Alla fine di quel mese scadrà il piano di aiuti alla Grecia della Troika (UE, BCE e FMI), ma in piena campagna elettorale sarà difficile, se non impossibile, che i creditori trovino un accordo con il governo per emettergli l’ultima tranche preziosa di 7 miliardi di euro, senza la quale il Paese finirebbe nel caos, non avendo risorse sufficienti per pagare stipendi pubblici e pensioni
Intanto, in termini politici la formazione della sinistra radicale guidata da Alexis Tsipras guida tutti i sondaggi. Essa chiede la rinegoziazione del debito sovrano con i governi europei e la fine dell’austerità, al contrario impegnandosi ad aumentare gli aiuti alle fasce più deboli della popolazione e la spesa per la sanità. Pur non essendo contraria alla permanenza della Grecia nell’Eurozona, le sue politiche sarebbero per nulla affini con le richieste della Troika e di Bruxelles e un governo con premier Tsipras rischierebbe di creare un’ondata di fortissima sfiducia non solo sulla possibilità che Atene resti nell’euro, ma sulla tenuta stessa della moneta unica. Gli esperti affermano:
A quel punto, infatti, i mercati inizierebbero a testare il “whatever it takes” di Mario Draghi, così come il suo piano Omt, mai messo in atto, pur avendo salvato l’euro con il solo effetto “miracolistico” delle parole. Il voto anticipato non è scontato. Per prima cosa, perché i greci potrebbero punire Syriza per avere impedito l’elezione del nuovo capo dello stato e potrebbero vedere ancora nel centro-destra del premier Antonis Samaras il senso dei sacrifici compiuti in questi durissimi ultimi 5 anni, temendo di dissiparli con un governo anti-UE. Inoltre, anche se vincesse, Tsipras non avrebbe i numeri per governare da solo, per cui dovrebbe allearsi con almeno un altro partito, cedendo in cambio qualcosa e dovendo smussare alcuni angoli del suo programma.
In termini strategici, nessuno potrebbe preferire un’alleanza di governo con Syriza, rischiando di esserne risucchiato. Il rischio più concreto, quindi, non è quello di un governo a guida Tsipras, bensì il caos politico, similmente alla primavera del 2012, quando si dovette votare 2 volte in appena un mese. Stavolta, però, un ritorno all’instabilità potrebbe condurre la Grecia direttamente fuori dall’euro.