Il consultorio resta una Onlus e con questo status conserva le agevolazioni non profit ma bisogna capire qualcosa rispetto alle cure a pagamento connesse a quelle rimborsate dal servizio sanitario nazionale e che sono necessarie per finire la terapia in corso. Ecco cosa cambia per queste strutture sul territorio.
La risoluzione 10/E dell’Agenzia delle Entrate del 23 gennaio 2015, ha chiarito che la fondazione che per assicurare il completamento della terapia in corso, a determinate condizioni, nell’ambito delle attività svolte come consultorio, offre prestazioni a pagamento a carico del paziente in aggiunta a quelle rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale, non perde la qualifica di Onlus.
Il quesito è nato da una situazione concreta e dall’esigenza che si aveva di non lasciare a metà i trattamenti terapeutici offerti da alcuni professionisti tra cui psicologi e psicoterapeuti che operavano presso i consultori famigliari. La precisazione nasce da unc aso pratico, quello della fondazione che opera in Lombardia.
Con la risoluzione 70/2009 l’Agenzia delle Entrare ha chiarito che l’ente che gestisce gratuitamente per gli utenti un consultorio famigliare secondo gli scopi previsti dalla legge istitutiva di queste strutture, può essere iscritto all’anagrafe delle onlus che operano nel settore dell’assistenza sociale e socio-sanitaria.
Nel tempo però può essere definito che per la scarsità di risorse finanziarie, ci sia un limite alle prestazioni rimborsabili e quindi alcune prestazioni siano offerte in non più gratuitamente ma con una partecipazione alle spese del paziente. Il consultorio, in caso di prestazioni rimborsabili insufficienti prosegue la cura con alcuni interventi a pagamento e con prezzi inferiori a quelli di mercato. Questo però non comporta che il consultorio perda la qualifica di Onlus.
È importante però che le attività aggiuntive a pagamento non siano prevalenti rispetto alle attività istituzionali e che i proventi non superino il 66% delle spese complessive dell’organizzazione.