L’Associazione nazionale magistrati, in merito agli annunciati tagli degli stipendi nei confronti di più categorie riguardanti il settore pubblico, «denuncia la gravità di una eventuale iniziativa unilaterale del governo che, senza alcun confronto con le categorie interessate e in via d’urgenza, procedesse a una riduzione strutturale delle retribuzioni». In una nota il sindacato della magistratura tiene a precisare «i principi costituzionali che assistono la retribuzione dei magistrati come garanzia dell’autonomia e indipendenza della giurisdizione».
> Riforma del lavoro e rapporto con le regioni sfide per il governo
«Consapevole delle forti difficoltà che investono vasti strati della popolazione – si legge nella nota – la magistratura non vuole sottrarsi all’impegno di solidarietà. Tuttavia, la redistribuzione delle risorse deve avvenire in modo equo, a parità di capacità contributiva, e dunque con strumenti di natura fiscale, e non con soluzioni inaccettabili, che incidono unicamente su una parte del pubblico impiego, senza colpire gli evasori, le grandi rendite e le retribuzioni del settore privato. Una tale penalizzazione economica finirebbe col colpire anche retribuzioni medie, onnicomprensive e assai distanti dai livelli sui quali spesso insistono i mezzi di informazione, determinando una mortificazione della categoria, tale da dequalificare in prospettiva la Magistratura, non più in grado di attrarre le migliori professionalità».
«Il taglio delle retribuzioni sarebbe addirittura uno dei primi interventi del nuovo Esecutivo nel settore della giustizia – sottolinea l’Anm – che vede i magistrati sottoposti a un gravissimo e crescente carico di lavoro e di responsabilità, a causa dell’insostenibile carenza di risorse materiali e di personale amministrativo, dell’inadeguatezza degli strumenti processuali e della conseguente lunghezza delle cause civili e penali».