Una sentenza della Corte d’Appello del luglio 2015 dimostra che in caso di suicidio, si può anche far valere l’effetto del mobbing. La sentenza che ha preso in esame un caso specifico, dimostra che il mobbing può essere rovinoso per tanti lavoratori.
Si parte da questo assunto, o meglio da questa sentenza: il mobbing può essere concausa di suicidio. Poi per capire come si sia giunti al pronunciamento dei giudici in Appello bisogna fare mente locale sul caso specifico in base al quale i porporati si sono pronunciati.
Di base c’è il suicidio di un lavoratore e la sua famiglia convinta che tutto si sarebbe potuto evitare nel caso in cui l’uomo non avesse subito il mobbing da parte del datore di lavoro. Siccome il lavoratore è stato vittima di una prevaricazione che ha influito negativamente sul suo stato psicofisico, allora l’azienda è stata costretta a risarcire i famigliari. Entrando nello specifico.
> Le principali forme di manifestazione del mobbing
La Corte d’Appello ha ribaltato la decisione del giudice di primo grado ed ha accolto la domanda nei confronti della fondazione ENPAIA fatta dalla moglie e dalle figlie di un lavoratore che si era suicidato. Le donne erano infatti convinte che nelle cause di suicidio ci fosse anche il mobbing subito dal lavoratore durante il rapporto di lavoro con questa S.p.A. Chiedevano pertanto all’ENPAIA di pagare l’indennità per il caso di morte, così come stabilito dal regolamento.
L’ENPAIA è stata condannata al pagamento dell’indennità che poteva non essere pagata soltanto nel caso in cui il suicidio potesse essere messo in relazione soltanto con l’alterazione dello stato psicofisico del lavoratore in condizioni di lavoro normali.