Importanti novità in merito agli esami diagnostici, riguardanti l’impatto dei metalli pesanti sulla salute dei lavoratori, che sono stati svolti da ILVA. Infatti, sono stati diffusi gli esiti delle indagini legate al biomonitoraggio effettuate sui lavoratori dello stabilimento di Taranto e risultano inferiori in confronto ai valori di riferimento.
Una riunione di ILVA in Amministrazione Straordinaria aveva commissionato lo scorso anno uno studio per capire quale fosse l’esposizione dei lavoratori ILVA dello stabilimento di Taranto nei confronti dei metalli pesanti.
Così è iniziato il progetto di biomonitoraggio a cui hanno preso parte ben 856 dipendenti che si sono dovuti sottoporre a diverse analisi del sangue e delle urine. Chiaramente, i dipendenti sono stati testati in merito all’esposizione a metalli pesanti come mercurio, zinco, piombo, manganese, rame, arsenico, cobalo, cadmio nichel e cromo. I lavoratori sottoposti agli esami diagnostici sono quelli che lavoravano presso otto specifiche aree aziendali, di cui ben sette (Servizi Acciaierie, Sbarco Materie Prime, Parchi Minerali, Altoforno 1 e 4, Acciaieria 2, Officina di manutenzione centrale e Agglomerato) ritenute esposte ai metalli pesanti e solamente una (Imbarco prodotti finiti) considerata, al contrario, non esposta.
Stando a quanto è emerso dagli esiti del biomonitoraggio, solamente 24 lavoratori hanno presentato delle concentrazioni di arsenico, all’interno delle urine, di poco oltre rispetto ai valori assunti come limite. Una situazione che, però, non sarebbe legata all’esposizione ai metalli pesanti in azienda (tutti e 24 i lavoratori operano nella zona meno esposta, ovvero Imbarco prodotti finiti), ma più che altro, come riportato da successivi specifici riscontri medici, alle abitudini a tavola di ogni singola persona.
Notizie particolarmente confortanti che lo studio mette a disposizione anche degli stakeholder. Si tratta di valutazioni di carattere scientifiche che hanno come obiettivo primario quello di proteggere sotto ogni aspetto la salute dei lavoratori. Inoltre, i valori che sono stati presi come limite sono stati fissati da enti accreditati come ACGIH, SIVR e SCOEL. Non solo, visto che sono stati scelti come indici di riferimento anche i valori del Laboratorio di Tossicologia Occupazionale dell’Università di Brescia, ancora più rigidi.