Gli stranieri che arrivano nel nostro Paese o che emigrano alla ricerca di fortuna, sono davvero una risorsa per il Paese che li ospita? Un mini dossier molto interessante realizzato da Open Polis affronta l’argomento dei rifugiati dando strumenti per l’interpretazione economica del fenomeno.
Qual è il livello d’integrazione degli stranieri in Italia. In quale regione si assiste all’integrazione migliore e che differenza c’è con il resto d’Europa? Il report di Open Polis è molto approfondito e nasce da una collaborazione con ActionAid, insieme a cui ha deciso di valutare l’inserimento nella scuola e nel mondo del lavoro degli stranieri.
> I rifugiati? In Germania sono un business
Il primo punto da tenere a mente è che si tratta di 5 milioni di persone che risiedono nello Stivale. In termini percentuali gli stranieri rappresentano l’8% del totale della popolazione. La loro presenza si è quadruplicata in 10 anni e si è concentrata soprattutto nelle regioni del Centro Nord tanto che si va dal 2,5% della Sardegna al 12% dell’Emilia Romagna.
Dal punto di vista politico e burocratico le difficoltà di gestione sono enormi visto che sono presenti 190 nazionalità. La comunità più grande è quella romena con più di un milione di persone. Dal punto di vista economico quel che interessa è lo straniero come forza lavoro, la sua reazione alla crisi economica e la retribuzione in Italia. Tre punti che nel mini dossier sono ben enucleati.
Forza lavoro. In Italia il 10,82% dei lavoratori regolari è straniero , una percentuale superiore alla media europea che è del 7%. In dieci anni l’aumento registrato è stato del 146%, nel 2004 la forza lavoro straniera era al 4,4%. La distribuzione varia nelle diverse regioni italiane, il picco è nel Centro (13,67%) mentre i valori più bassi sono al sud (5,26%).
Crisi economica. Gli effetti della crisi sono stati ancora più duri per gli stranieri residenti in Italia. Se per gli italiani l’occupazione è scesa di 2,6 punti percentuali, la diminuzione per i lavoratori extra UE è stata più forte (8,3%). Allo stesso tempo in Italia, il rischio di povertà ed esclusione locale è del 26,5% per i locali e del 43,6% per gli stranieri.
Divario retributivo. L’80% dei dirigenti italiani guadagna più di 2.000 euro al mese contro il 58% dei pari livello di origine extra europea. A parità di lavoro non c’è quindi parità di compenso . E ancora, se l’8,3% degli italiani guadagna più di 2.000 euro al mese, la percentuale scende ad appena lo 0,6% per i lavoratori extra-Ue.