Quando un’impresa può essere considerata innovativa. Nello specifico, quando ciò che un impresa fa è considerabile innovativo?
Rispondere a questa (bella) domanda non è, nel complesso, difficile.
Le condizioni sono soddisfatte quando almeno il 15% di spese sono destinate ai rami ricerca e sviluppo, oppure almeno un terzo della forza lavoro complessiva è costituita da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, o almeno due terzi è costituita da persone che posseggono una laurea magistrale. Una direzione, questa, indicata come priorità per evolvere costantemente un’azienda. Curare alcuni ‘rami’ è, come visto, fondamentale.
Ma l’analisi può essere approfondita vertendo su altri aspetti.
La startup può essere considerata innovativa anche quando è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (privativa industriale) oppure è titolare di un programma per elaboratore originario registrato. Chi aveva i requisiti alla data di entrata in vigore della Legge 221/2012 (19 dicembre 2012), può iscriversi alla sezione speciale del Registro delle imprese e accedere ai benefici per le start up innovative per un periodo massimo di quattro anni. Da questo elenco speciale presso le camere di Commercio esce la più recente fotografia delle start up italiane. A febbraio 2014, erano registrate 1.719 aziende. A partire da gennaio 2013 si sono iscritte 4 imprese al giorno. L’età media è di 18 mesi, prevalgono le società a responsabilità limitata (82,3%), la concentrazione maggiore è al Nord (58%), Lombardia e Milano in primis.
Si tratta quasi nel complesso di micro-imprese aventi una media di 2,6 addetti: solo nel 3,5% dei casi si arriva ad almeno 10 addetti. Quasi il 60% fattura (dati 2012) fino a 100mila euro e soltanto il 6,4% da 500mila a 5 milioni di euro. Il 78% opera nei servizi.