Dopo aver dedicato una prima parte del rapporto alle imprese straniere dimostrando che rispondono soprattutto alle esigenze dei turisti tedeschi, il report di Confesercenti parla degli imprenditori stranieri ed ecco cosa c’è da sapere.
> Imprese straniere: crescono nel commercio e nel turismo – prima parte
Gli imprenditori stranieri
Quarantenne, uomo, proveniente da una nazione dell’Asia o dell’Africa: è questo l’identikit dell’imprenditore straniero. Nel commercio al dettaglio l’età media dei titolari di attività stranieri è di 42,6 anni, ed è mediamente più bassa di circa 7,5 anni rispetto agli imprenditori italiani. Nella ricettività la media è di 51,4 anni e il differenziale più basso (3,4 anni), mentre per bar e ristoranti l’età media degli imprenditori stranieri è 41,9 anni (differenza di 5,8 anni rispetto agli italiani).
Per quanto riguarda il genere, nel caso del commercio al dettaglio la presenza maschile è pari a un imprenditore su quattro (75,1%), con una differenza molto marcata rispetto agli italiani, dove la quota è del 57,8%. L’imprenditoria straniera è invece più ‘rosa’ di quella italiana nel turismo: nella ricettività la media di presenza maschile tra i non italiani è del 45,3% (per gli italiani il valore è 55,4%), mentre per bar e ristoranti l’incidenza è 54,4% (per gli italiani 61,3%). In entrambi i casi, dunque, la presenza femminile nell’imprenditoria è maggiore nel caso degli stranieri.
La scelta della tipologia di attività appare strettamente legata alla nazionalità di provenienza, un fenomeno probabilmente dovuto all’esistenza di filiere commerciali etniche di riferimento in Italia, e che sembra essere confermato dall’alta percentuale di imprenditori che interessa alcuni gruppi. Come nel caso dei bengalesi residenti in Italia, di cui uno su tre fa impresa.
Nel commercio sono attivi soprattutto gli imprenditori provenienti da Marocco (28,5% del totale degli stranieri) Bangladesh (11,9%), aumentati del 90,9% negli ultimi 5 anni. Insieme, queste due nazionalità costituiscono circa il 40% del totale degli stranieri del settore, e sono specializzatinell’ambulantato e nell’ortofrutta. Al terzo posto c’è la Cina (10,8%, +10,8% dal 2011), con una presenza più forte nell’abbigliamento, sia fisso che ambulante, mentre al quarto c’è il Senegal (9,9%, +26,7% negli ultimi cinque anni), dove la vocazione per il commercio ambulante è quasi totalizzante (87,6%). E’ infine da notare la crescita di imprenditori provenienti dal Pakistan: sono ancora solo il 4,3% del totale degli imprenditori stranieri del commercio, ma sono aumentati del 75,6% dal 2011 ad oggi. Anche questo gruppo appare particolarmente concentrato sul commercio ambulante.
Nella ricettività, dove si contano 5,3 mila imprenditori stranieri, prevalgono invece le nazionalità europee, con in testa la Germania (11,2%): frutto degli investimenti operati da imprese tedesche nella ricettività agrituristica e di qualità nel nostro Paese durante la crisi. L’unica eccezione è rappresentata dalla onnipresente Cina (5,9%), collocata al terzo posto. Per bar e ristoranti (53 mila imprenditori stranieri) la Cina rappresenta quasi un quarto del totale (22,9%, e la crescita 2011-2015 è addirittura 52,9%). Segue in questo caso l’Egitto (8,3%, +38,4%), quindi la Romania (7,6%, ma la crescita è del 66,4%), quindi la Svizzera (5,1%, ma la crescita è solo +3,7%) e la Germania (5,0%, +12,0% il confronto con il 2011).
“Il quadro che emerge dallo studio – commenta Mauro Bussoni, Segretario Generale di Confesercenti – conferma la vocazione multietnica del commercio. La presenza di imprese straniere è una ricchezza per il settore e per tutto il Paese. Rimane però qualche dubbio sulla crescita record delle imprese straniere nel commercio ambulante, soprattutto in quello di tipo itinerante, e nell’ingrosso. Il sospetto è che l’incremento del numero di imprenditori sia dovuto al tentativo di avere o confermare un permesso di soggiorno come lavoratore autonomo che all’avvio di vere e proprie attività imprenditoriale”.